L’alchechengi ( Physalis alkekengi L.) è una bacca arancio, o gialla delle dimensioni di una ciliegia protetta da una membrana molto sottile che rievoca la carta di riso utilizzata per i paralumi cinesi.
Si tratta di una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle solanacee a cui appartengono il pomodoro, il peperone, la melanzana e la patata Per quanto riguarda la sua origine i botanici sono in disaccordo, chi menziona l’America del Sud e chi invece parla dell’Europa, la Cina e il Giappone.
In Italia è coltivata soprattutto come pianta ornamentale, infatti è facile trovarla nei giardini. I fiori si possono conservare in un vaso, senza acqua, per adornare gli ambienti. E’ ideale anche per dare colore a tante composizioni floreali. Inoltre i frutti vengono pure utilizzati come colorante naturale.
Il frutto, il cui sapore è acidulo, contiene un’elevata quantità di vitamina C, acido citrico e zucchero, ha proprietà depurative, diuretiche ed è considerato un buon antireumatico. Ricco di pectina si presta per la preparazione di marmellate, gelatine, canditi; oppure si possono servire i frutti caramellati o ancora più golosi, immersi prima nel cioccolato fondente.
In pasticceria l’alchechengi viene impiegato per la decorazione di dolci.
La fitoterapia lo consiglia per le problematiche tipo la gotta, la ritenzione idrica e la prevenzione contro la calcolosi renale. E’ un astringente per l’intestino, per la presenza di tannini. Non è consigliato in gravidanza.
Va utilizzato comunque con prudenza, poiché gli alcaloidi contenuti nei frutti possono risultare tossici; tra l’altro il tossicologo tedesco, Gessner, ha inserito questa pianta nell’elenco di quelle tossiche perché le altre parti della pianta sono dannose per l’organismo.
Si sa “il troppo stroppia” in tutte le cose. Inoltre avendo proprietà diuretiche attenzione a c0nsumare tali frutti in concomitanza con farmaci che aumentano la diuresi.
L’utilizzo esterno può essere rivolto alle infiammazioni della pelle preparando un infuso: far bollire 100 gr di frutti essiccati in un litro di acqua e applicare poi un impacco sulla zona interessata.
Al momento dell’acquisto il frutto deve avere le seguenti caratteristiche: l’involucro esterno, che avvolge la bacca, deve essere ben secco, integro, non dischiuso, i frutti sani, sodi, maturi e di colore uniforme. Si conservano in frigorifero per due o tre giorni, mentre se presentano un colore verdognolo, per portarli a maturazione, vanno lasciati a temperatura ambiente fino a che prendono la colorazione arancio. Sul mercato si trovano da ottobre a gennaio.
Un consiglio per la preparazione al suo consumo alimentare è eliminare la membrana, lavarlo bene anche nel punto d’ innesto del peduncolo, dato che qui vi si raccogliere una sostanza resinosa.
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Curiosità: l’alchechengi non è adatto al clima marino e non ha resistenze contro gli attacchi degli insetti; attrae moltissimo le farfalle, per un effetto simbiotico, però non i colibrì. C’è anche un mercato annuale dedicato al fiore, chiamato “hōzuki-ichi “, e che si tiene ogni anno a Asakusa in Giappone nel tempio Senso-ji, costruito nel 628. Esso è considerato il più antico del Giappone e, oltre a essere molto amato dagli abitanti della zona, è anche meta di tantissimi visitatori provenienti da ogni regione e in quei giorni si riempie di oltre 100 bancherelle che vendono fiori di alchechengi. La gente indossa coloratissimi “yukata”, un tipo di kimono molto informale, che fa parte della tradizione giapponese e che viene messo proprio in occasione di feste e spettacoli.
Giulia Zeroni
Consulente del Ben*Essere su misura – giornalista pubblicista
(articolo pubblicato sul quotidiano “Mondoliberonline.it”, non più attivo)